Intermittenze – Storytelling
Intermittenze
Intermittenze è un piccolo esperimento di storytelling, ho composto un racconto per immagini vagamente sfuggente e onirico, come fosse un potenziale storyboard fotografico mai concluso, che descrive una parte del testo che accompagna la serie.
Le intermittenze del tardo pomeriggio.
Niente – albero – niente – casa – niente – mulino – niente.
Scandiscono i chilometri di asfalto macinati sotto le ruote.
Il navigatore in modalità notturna, con le sue stelline posticce, non rende giustizia alla ballata di gocce e nubi scure a pochi centimetri dal mio orecchio.
Monsieur Gaston non dice una parola, solo pochi suoni gutturali che assomigliano a concetti, più che altro rivolti a se stesso.
Madame Lisette, la maga del turpiloquio invece, sembra temere il corrispettivo acustico dell’Orror Vacui.
Se esiste un termine appropriato per riassumere questa fobia, non lo conosco.
Ma sta di fatto che continua a illustrarmi il mondo bretone nelle sue minime sfaccettature, anche adesso che, mio malgrado, lo sto lasciando.
Il tettino panoramico della Nissan Quashoa ci farcisce gli occhi di nubi e chicchi di cristallo di dimensioni variabili scivolano sospesi sopra i nostri capelli elettrici.
Fingo di provare interesse per le enormi pale silenziose delle torri eoliche.
Non so dove tenere le mani.
Certe volte le braccia sembrano un optional ingombrante e niente più.
Specie quando devi assumere una posa disinvolta.
Nadine, in modo assolutamente speculare alla mia postura, tiene la fronte appoggiata alla lastra fredda del finestrino.
Ha gli occhi socchiusi, si direbbe che dorme, se non fosse per quel leggero ondeggiare ritmico della spalla destra.
Forse sta soppesando e valutando la consistenza.
Un’ombra di imbarazzo mi attraversa il volto, schiacciato contro la fradicia trasparenza del paesaggio tardo autunnale.
Madame Lisette si volta verso sua figlia, ma per fortuna fa una carrellata veloce sul finestrino, preoccupandosi, col la sua celebre enfasi, per l’acconciatura della diciassettenne, spalmata malamente contro il freddo umido vetro.
Tornano le intermittenze del tardo pomeriggio di niente – albero – niente – casa.
Niente.
Torna il silenzio di Gaston.
Ritorna anche il turpiloquio.
Rilascio il respiro e sento un piacevole singhiozzo solleticarmi la pelle.
Un’avvisaglia abbastanza chiara, che la destinazione non è poi così lontana.
Mi assale la preoccupazione che dopo non avrò tempo di sdebitarmi, con l’aereo da prendere e la notte Italiana da respirare prima di scendere la scaletta.
Nadine si volta appena e mi sorride con l’angolo destro della bocca.
Non so se quello che la eccita veramente è la sua mano chiusa sul mio sesso, o il fatto che mi stia facendo una sega, mentre sua madre mi interroga sulla marca di biscotti al burro che ho scelto per i miei souvenirs.
In certe situazioni non si riesce mai a gustarsi fino in fondo il momento, troppe preoccupazioni.
Lei non potrà farsi fare un ditalino.
Le inzupperò la mano del mio sperma e poi non saprà come pulirsi.
Se non tolgo in tempo il giubbotto con cui mi sono coperto le gambe per dissimulare, finirò per venire dentro una manica.
Nel caso riesca a toglierlo in tempo schizzerò i miei semini in maniera caotica sul prezioso e profumato rivestimento della Nissan Quashoa del laconico monsieur Gaston.
E c’è un aereo da prendere assolutamente.
Maledizione.
Congetture che sembravano prioritarie in quel mio piccolo traballante mondo.
Poi un sibilo nella testa e attraverso le orecchie, di colpo, cancella l’urgenza di tutte le mie domande filosofiche.
Nessun preavviso.
Solo pochi distinti rumori da fumetto.
SBANG!
– Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhh…….-
CRASH!
E se non sbaglio, poco prima di questo, una bestemmia in francese del pacato Gaston.
Subito dopo, una specie di silenzio di colate laviche scendere dal naso e laghetti rossi negli occhi.
“Stella, stellina, la notte si avvicina…..”